La Molar Incisor Hypomineralization (MIH), cioè l’ipomineralizzazione dei molari e degli incisivi, è una condizione patologica che insorge in età pediatrica, anche se spesso la diagnosi arriva tardivamente, con gravi conseguenze per i denti che possono subire danni davvero importanti.
Per i genitori, il modo migliore per accorgersene è quello di osservare frequentemente i denti da latte del proprio bambino, ma anche quelli permanenti: se in alcune aree appaiono troppo bianchi o di un colore giallo-marrone, potrebbe trattarsi di MIH. In questo caso, è bene rivolgersi subito al proprio dentista che ha tutti gli strumenti per intervenire e curare l’anomalia: se trattata per tempo e nel modo giusto, infatti, l’ipomineralizzazione dei molari e degli incisivi non lascia alcun segno o quasi.
Cos’è e come si presenta l’MIH
La patologia colpisce lo smalto dentale dei denti molari e degli incisivi che appaiono di colore biancastro, giallognolo, marrone. Da cosa sia causata questa anomalia è in parte ancora sconosciuto. Quel che è certo è che il normale processo di formazione dello smalto viene interrotto, lasciando questi segni visibili, ma difficili da riconoscere, soprattutto nei denti da latte. Nelle forme già avanzate e più gravi, il bambino sviluppa anche una forte sensibilità, un fastidio che sfiora il dolore e che gli impedisce persino di lavarsi i denti.
Perché è bene intervenire subito
I denti affetti da ipomineralizzazione, con il tempo, se non trattati adeguatamente, possono subire danni gravi. Lo smalto, divenuto poroso a causa di questa anomalia, lascia filtrare i batteri che possono raggiungere e contaminare la polpa dentale, causando infiammazioni ed infezioni. La struttura esterna del dente, invece, indebolitasi, può più facilmente subire gli attacchi della carie, sino a disgregarsi totalmente, in tempi anche piuttosto rapidi.
Cosa si può fare per contrastare il fenomeno
Il dentista, una volta diagnosticata la malattia, può innanzitutto procedere con trattamenti mineralizzanti, attraverso la somministrazione di prodotti caseinati e gel fluorati che fortificano lo smalto. Nei bambini di 5-6 anni queste terapie sono molto efficaci. Nei casi più avanzati, invece, quando la struttura del dente è già parzialmente compromessa, può adottare tecniche più sofisticate, sino al restauro del dente. In tutti i casi, è bene sottoporre il bambino a frequenti visite e aiutarlo ad avere un corretto stile di vita. Chi è affetto da MIH, infatti, dovrebbe ridurre al minimo l’assunzione di cibi zuccherati e avere un’igiene orale se possibile ancor più scrupolosa.
Dopo gli antibiotici, anche i FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei, impiegati per contrastare dolore, infiammazione e talvolta anche febbre) sono finiti sotto accusa, perché nei bambini, ancora in crescita, potrebbero causare danni alla smalto dei denti. A dare l’allarme è stata una recente ricerca condotta dall'Università di San Paolo (USP), in Brasile, poi pubblicata su Scientific Reports-Nature che ne riporta tutti i dettagli. L’idea di mettere sotto la lente d’ingrandimento questi farmaci da banco, ampiamente utilizzati nei bambini, da parte dei genitori che li possono acquistare anche senza ricetta medica, è nata da un’osservazione condotta sul campo che ha trovato riscontro anche in laboratorio.
Un bambino su 5 ha problemi alla smalto
Gli odontoiatri della Dental Enamel Clinic della Ribeirão Preto Dental School dell'Università di San Paolo già da tempo avevano osservato delle anomalie nello smalto dei denti nei bambini che si rivolgevano al Centro per le consuete cure odontoiatriche: presenza di macchie bianche o gialle nei denti, ma anche sensibilità e fragilità che in alcuni casi hanno portato sino alla frattura di alcuni elementi. Tutti segni riconducibili al fenomeno della cosiddetta ipomineralizzazione dello smalto, di cui ancora gli scienziati non conoscono la causa. Considerando che nel mondo, circa un bambino su 5 presenta danni allo smalto, questo ha insospettito i ricercatori che hanno dunque deciso di approfondire la questione, con uno studio sperimentale.
Come si è svolta la ricerca
Per verificare l’ipotesi secondo cui i FANS potrebbero danneggiare lo smalto dei denti, i ricercatori si sono affidati ad una sperimentazione sui ratti. Hanno dapprima somministrato agli animali da laboratorio, per 28 giorni consecutivi, celecoxib e indometacina, due farmaci antinfiammatori non steroidi (FANS) che nella classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) occupano il primo gradino sulla scala degli analgesici, insieme con il paracetamolo. Poi, sono andati alla ricerca degli effetti di questi farmaci sui denti dei ratti che alla vista non presentavano alcuna imperfezione. Tuttavia, ad un esame più attento, basato sia sull'imaging sia sulla composizione chimica, i ricercatori hanno rilevato diverse anomalie. I denti estratti presentavano livelli di calcio e fosfato più bassi del normale, ma anche una minor densità minerale rispetto alla norma. In pratica, i FANS somministrati avevano causato un’alterazione dello smalto, tanto da portare frequentemente i denti estratti a frantumarsi.
Meglio essere prudenti e non abusare dei farmaci
Dopo la sperimentazione su modello animale, i ricercatori dovranno condurre uno studio clinico più approfondito per verificare se quanto osservato sui ratti si presenti anche nell’uomo. In attesa che questo avvenga, anche al fine di elaborare delle raccomandazioni sull’uso dei FANS in età pediatrica, sarebbe meglio essere prudenti ed evitare l’uso indiscriminato di questi come degli altri farmaci di cui spesso si abusa. Il consiglio è di evitare il fai da te e rivolgere sempre con fiducia al proprio medico di base e all’odontoiatra, gli unici in grado di dare consigli mirati, non frutto di suggestioni, ma del sapere medico-scientifico.
Le infezioni facciali, cioè le infezione della cute del viso, possono essere causate da malattie della bocca, di denti o gengive oppure da altre patologie. Tuttavia, l'odontoiatra sa sempre riconoscerle e inquadrarle correttamente dal punto di vista clinico, per porvi subito rimedio o per indirizzare il paziente a un altro specialista, o se necessario anche al Pronto Soccorso.
Le infezioni facciali, come si generano
Sono molteplici e possono avere differenti cause. Le più comuni sono ben note agli odontoiatri. Un dente cariato, trascurato o non adeguatamente curato, può portare a un'infezione che poi si diffonde rapidamente. L'ascesso può interessare la radice del dente, colpire il parodonto, per poi raggiungere e penetrare i tessuti molli intorno al viso. Tuttavia, le infezioni facciali hanno anche un'altra causa. Negli uomini, più raramente nelle donne, possono essere generate dai follicoli piliferi che, infettandosi, causano la follicolite appunto, infezione dei follicoli piliferi.
Come si presenta il quadro clinico
La cellulite infettiva, così è chiamata l'infezione batterica del tessuto connettivo, può colpire qualsiasi parte del corpo, anche il viso e la bocca. Il sito infettato è caldo e dolorante, appare gonfio e arrossito. Un'infezione facciale andrebbe sempre trattata con tempestività, perché il rischio che possa diffondersi in un altra parte del corpo è molto alto. L'infezione, infatti, potrebbe espandersi e colpire la testa, il collo, sino a raggiungere la gola. Nei casi più gravi, il paziente può avere difficoltà a deglutire, ma anche a respirare, tanto da dover ricorrere alle cure del Pronto Soccorso.
Le infezioni, come già detto, possono interessare diverse porzioni del viso. Intorno all'occhio, a volte generano un edema periorbitale che può portare, a causa del gonfiore, alla chiusura dell'occhio, raramente conseguenze più gravi. In casi estremi, il quadro clinico può complicarsi e l'infezione può persino raggiungere il cuore: per questa ragione è sempre bene non trascurare i sintomi di un'infezione facciale.
Cosa fare in presenza di un'infezione facciale
Di fronte a uno dei sintomi descritti, è bene rivolgersi con tempestività al proprio medico di famiglia, ma anche l'odontoiatra può essere d'aiuto. Nei casi di sua competenza, infatti, agisce direttamente sul paziente, rimuovendo le cause dell'infezione e prescrivendo le giuste terapie. Nei casi più gravi o particolari, invece, indirizza il paziente al Pronto Soccorso o lo invita a rivolgersi a un dermatologo per approfondire il caso.